Per l’economia a volte siamo proprio strani!

//Per l’economia a volte siamo proprio strani!

La pratica è spesso diversa dalla teoria, così come dimostra l’ economia comportamentale. 

L’uomo cerca da sempre di dare una definizione a tutto, anche ai suoi aspetti più illogici. Sapere che ogni cosa ha una sua definizione, aiuta a non classificare le difficoltà come problemi, ma come ostacoli, imprevisti, inconsapevolezze, ingenuità o inesperienze, insomma in qualcosa di risolvibile.

Una delle ultime sfaccettature interessanti in cui mi sono imbattuta, è quella sulle behavioural economics (tradotta anche con economia comportamentale), ossia il legame fra l’economia e la psicologia, e come quest’ultima influenzi le decisioni di mercato, o la gestione del nostro portafoglio. Aspetti che anche il marketing fa propri, con il cosiddetto neuroshopping.

L’aspetto più affascinante è che, nonostante le migliori teorie economiche vadano in una certa direzione, ad esempio verso la logica della massimizzazione del nostro profitto, può capitare che le nostre scelte vadano esattamente nella direzione contraria.

Ed è per dare una risposta ad uno dei miei punti interrogativi che ho trovato un piccolo libretto dell’economista Neil Bendle e dell’illustratore Philip Chen, intitolato “Behavioral economics for kids”. In modo molto semplice, diretto e divertente ognuno di noi viene messo a confronto con se stesso, soprattutto in tema di economia e benefici personali, bisogni e proposte commerciali.

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L’ economia comportamentale fatta semplice

Il libretto nella sua versione originale (in inglese), è scaricabile gratuitamente qui e riassume alcuni comportamenti che rientrano nell’economia comportamentale e con cui, io per prima mi sono scontrata.

Nell’opuscolo vengono sintetizzate 15 categorie associate a comportamenti che l’economia definisce illogici, ma che risultato estremamente comuni nella realtà.

Quando ci viene fatta una proposta commerciale o se dobbiamo farla, può capitare che delle valutazioni soggettive possono fortemente influenzare il risultato. Niente di male nello scegliere la via più soggettiva (o illogica), purché le scelte siano consapevoli e le conseguenze razionalmente accettabili.

Prima di lasciarvi alla lettura dell’economia comportamentale e alle 15 sfaccettature umane, secondo Bendle, concludo parafrasando una frase di Francesco Berto, giovane filosofo italiano, che nella prefazione del libro “Tutti pazzi per Godel!” nella pagina dei ringraziamenti usa una frase simile a questa:

” Ringrazio la vita per il supporto che mi ha dato in molti modi, e,

mentre lo faceva mi ha anche venduto più contraddizioni

di quante avrei mai pensato di poterne comprare “

Buona lettura!  Soprattutto, a coloro che hanno spirito e aspirazione imprenditoriale.

 

 

15 comportamenti poco (razionalmente) profittevoli

  1. Sensazione di possesso – Possedere qualcosa la rende per noi più preziosa: il che implica che saremo disposti a venderla ad un prezzo più alto di quello che il mercato è disposto a pagare.
  2. Pregiudizio riguardo i costi sostenuti – A volte si combattono “guerre” che sarebbe più proficuo abbandonare, solo per non buttar via gli sforzi fatti e i soldi spesi, nonostante l’investimento continui a rivelarsi fallimentare.
  3. Sconto iperbolico – Quando aspettare ci sembra insostenibile, siamo disposti ad accettare sconti incredibili; ma se la stessa situazione la allontaniamo nel tempo allora riusciamo a valutarla con più oggettività.
  4. Dipendenza da ciò che non c’è – Valutare le offerte non su una scala assoluta, ma in base a ciò che abbiamo o che ci aspettiamo di avere.
  5. Framing – Il modo in cui le informazioni ci vengono presentate, cambiano completamente le nostre azioni, quindi sarebbe bene adottare una scelta strategica della comunicazione: le perdite non sono il negativo dei guadagni.
  6. Fiducia – La fiducia, se chiaramente definita, può essere un concetto utile nell’analisi economica, ma spesso ci fidiamo di più di un parente, un amico o uno sconosciuto (anche se non è in grado di prendere la decisione logicamente o economicamente più corretta).
  7. Equità – Cercare di giustificare le preferenze sociali (o il nostro benessere) con un presunto senso di giustizia o ingiustizia.
  8. Avversione alla perdita – 10 euro sono 10 euro? Eppure perdere 10 euro e poi rivincere 10, può non renderci ugualmente felici. A nessuno piace perdere, e preferiamo guadagnare di meno, purchè il ritorno dell’investimento sia certo.
  9. Contabilità in testa – Non percepire i soldi come completamente fungibili, ma suddivisi per categorie: un bonus è più piacevole da spendere rispetto alla stessa somma ottenuta come parte dello stipendio ordinario.
  10. Disonestà – Negare l’evidenza e inventare nuove definizioni di onestà (ci piace pensare che siamo onesti).
  11. Rifiutare una soglia minima – Negare l’evidenza e concentrarsi su indizi, senza tener conto delle reali probabilità che il fatto si verifichi.
  12. Orientamento alla competizione – Preoccuparsi troppo, non tanto di se stessi, ma quanto dei profitti degli altri. Esistono persone che preferiscono guadagnare 100 euro mentre l’altra guadagna 0 euro, piuttosto che guadagnarne 200 se l’altro ne ottiene 300, concentrandosi sul vantaggio competitivo offerto all’altro.
  13. Sovrastimare le piccole probabilità – Sembra difficile capire la differenza tra improbabile e praticamente impossibile. “Uno su un milione approssimativamente è uguale ad uno su cento “
  14. Eccessiva sicurezza di sé – “Niente andrà per il verso sbagliato!” Le persone spendono molto tempo a raggiungere obiettivi che probabilmente non saranno mai raggiunti.
  15. Bisogno di identità – Pur di appartenere ad un gruppo si rifiutano anche opportunità che potrebbero piacerci.

La versione originale completa qui.

Vedi anche: Stai per lanciare un nuovo prodotto sul mercato? qui

 

By | 2018-01-01T21:05:46+01:00 1 Luglio, 2017|Strategia aziendale|